Ai Normanni

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Questo piatto è stato pensato per coniugare il fascino della cucina povera tipica siciliana con caratteristiche nutrizionali uniche.

“‘u maccu” è un piatto ritenuto adatto alla gente forte. Secondo Aristofane, nella spassosa commedia “Le rane”, Ercole fu allevato col macco di fave.  Il termine siciliano “maccu” indica una “vivanda grossa di fave sgusciate, cotte in acqua e ridotte come in pasta” (Vocabolario Siciliano-Italiano di Antonino Traina del 1868). Nelle condizioni di miseria in cui versava il popolo siciliano, il macco costituiva a volte il piatto unico di tante famiglie per mattina e sera. Ai braccianti agricoli spesso i padroni ne davano una scodella come pasto principale della giornata e solo eccezionalmente, ad esempio durante la trebbiatura, si dava da mangiare la pasta.

Le fave sono un ingrediente fondamentale della cucina povera e della tradizione mediterranea perché poco costose (visto che sono ampiamente coltivate nella zona) ma ricche di proteine e fibre vegetali, povere di gassi, fonti imperdibile di vitamine e sali minerali. Le fave sembrano essere il legume più diffuso e consumato, insieme alla lenticchia, già dal Neolitico.

L’uso di pietanze a base di fave trova giustificazione nell’alto valore nutritivo e nelle particolari caratteristiche nutrizionali, infatti un piatto di macco di fave ha un potere antiossidante capace di contrastare le malattie degenerative come le patologie cardiovascolari e infiammatorie, il cancro e il diabete. 

La purea che ne deriva viene aromatizzata con semi di finocchietto selvatico ed insaporita con olio extravergine d’oliva. Una caratteristica peculiare del maccu è dovuta al fatto che, una volta raffreddato, si può conservare ricoperto con un velo d’olio per essere consumato in un secondo tempo tagliato a fette. La purea raffreddata può anche essere consumata fritta in olio extravergine di oliva. A proposito della conservazione del macco in olio è ancora in uso il detto “livari l’ogliu du maccu” (togliere l’olio dal macco), azione che sta ad indicare una particolare abilità nelle attività manuali. Il Pitrè ci informa che tale minestra viene preparata a Siracusa non con le fave secche ma con quelle verdi, fresche, in occasione della festa di San Giuseppe e perciò è detta minestra di San Giuseppe. Ogni paese siciliano inneggia al suo maccu ed ha un suo maccu.

Nel nostro piatto insaporiamo il macco con:

  • la tuma Canziata San Pietro. Da una casuale abitudine dei pastori il caseificio San Pietro di Castronovo di Sicilia ha voluto personalizzare un formaggio gradevole e raffinato chiamandolo in gergo siciliano “Tuma Canziata“,  in quanto il formaggio veniva messo da parte quando i pastori facevano la transumanza del gregge per i nuovi pascoli. Il formaggio che veniva prodotto l’ultimo giorno, veniva messo in assi di legno negli antichi casolari di pietra calcare, e rimaneva sul posto senza essere rimosso fino al ritorno del gregge sul posto trovandolo pieno di muffa e con quasi assenza di sale.
  • il finocchietto selvatico che dona un sapore inconfondibile agli alimenti. Il Finocchio è una pianta aromatica erbacea tipica della regione mediterranea che appartiene alla famiglia delle Ombrellifere originario delle zone mediterranee. Noto per le proprietà diuretiche, antispasmodiche, detossinanti. Un curiosità: il nome scientifico del finocchio è Foeniculum Vulgare, ma in greco antico veniva chiamato Marathon come la regione dell’Attica dove questa pianta cresceva in maniera diffusa. Pochi sanno che il finocchio condivide parte della sua storia etimologica con la disciplina olimpica della maratona. Secondo un’antica leggenda greca, infatti, il soldato ateniese Filippide attraversò correndo il campo di Marathon, lungo ben 42 km, per annunciare ai suoi concittadini la vittoria sugli spartani: ancora oggi la maratona olimpica ha una lunghezza pari a 42 km.

Benvenuti Ai Normanni, cucina contemporanea siciliana.

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